Domande e risposte su ludopatia e gioco d’azzardo.
Quali sono le manifestazioni o i sintomi che ci aiutano a identificare il gioco d’azzardo patologico rispetto ad una semplice voglia di divertirsi giocando?
La distinzione tra un semplice comportamento ludico finalizzato al divertimento o a un passatempo e la ludopatia risiede nel fatto che possiamo parlare di gioco d’azzardo patologico quando il pensiero legato al gioco e l’impulso a giocare occupano la stragrande maggioranza del tempo e della vita di un soggetto. La necessità di giocare, infatti, diventa, per usare un termine freudiano, una fissazione, un eccesso: l’intera esistenza ruota intorno al gioco fino ad arrivare a prevalere e in alcuni casi addirittura a sostituirsi ad altre attività. Il soggetto ludopatico, organizza la sua quotidianità, o cadenze precise della vita (ad esempio tutti i fine settimana), intorno al gioco e quando si riesce a far allentare questa dipendenza, ciò che si sperimenta è la sensazione di vuoto, la mancanza di senso della vita stessa che paradossalmente il gioco consentiva.
Come si passa dal gioco inteso come momento ricreativo alla vera e propria “ludopatia”?
Non esiste un passaggio per così dire tipico, ciò che si constata, comunque, è il fatto che molto spesso la persona che ha un comportamento ludopatico non sempre ne è consapevole. Al contrario, sono le persone a lui vicino, i familiari ad esempio, che ne soffrono e che spingono affinché il soggetto si decida a rivolgersi a qualcuno per risolvere questa problematica. Inoltre, così come avviene per altre dipendenze, il passaggio dal gioco come divertimento alla dipendenza da gioco di solito è casuale o banale, viene cioè innescato da situazioni apparentemente di poca, o apparente tale, rilevanza. Possiamo però dire che ciò che innesca questa dipendenza è il fatto che in qualche modo ha una funzione per il soggetto: gli serve, gli è utile oltre che necessaria; più che un problema è per la persona una sorta di soluzione, di vantaggio, di possibilità.
Quali sono i fattori ambientali o le categorie definibili maggiormente a rischio ?
Il gioco d’azzardo patologico, così come le dipendenze in generale, sono trasversali, non conoscono distinzioni di ceto sociale o di genere. A livello culturale, a tutt’oggi, è più praticato dagli uomini, giovani compresi, che sono particolarmente sensibili al richiamo economico e all’omologazione con gli altri per cui è più facile che possano uniformarsi ad un modo di fare o di passare il tempo che però finisce per diventare una necessità, cosa che va molto al di là della dimensione della socialità o, eventualmente, della sfida tra pari. In altre situazioni, invece, il gioco d’azzardo viene vissuto come una gara contro la sorte o contro il mondo anche e diventa un tentativo di riscatto e di rivalsa. In queste situazioni è per lo più vissuto in solitudine, soprattutto per quanto concerne il gioco attraverso le slot machine e il gioco online: l’uomo e la macchina, in una sfida senza tempo né soluzione.

Ci sono delle correlazioni tra ludopatia ed altri disturbi mentali?
La ludopatia è un fenomeno, un comportamento, quindi di per sé non ci dice niente della persona che ne soffre né di eventuali altre patologie psichiche. Dunque è necessario un lavoro preliminare per comprendere ciò che rappresenta per quel soggetto. Fatta questa premessa, possiamo dire, da una parte, che dietro questa dipendenza si nasconde una sofferenza altra e che quindi non è sufficiente che la persona smetta di giocare per considerare risolto il problema. Dall’altra parte possiamo anche affermare che nella nostra epoca post capitalistica assistiamo a una spinta verso l’addiction che non può essere relegata alla sola patologia perché in effetti riguarda tutti, nessuno escluso. Come scrive Jacques Alain Miller l’addiction è il “modello generale della vita quotidiana del XXI secolo”. In questo senso dovremo forse anche rivedere le categorie di dipendenza e di disturbo mentale.
Ci potreste spiegare cos’è il craving?
Letteralmente questo termine significa “desiderio insaziabile” e viene utilizzato soprattutto per indicare un desiderio improvviso e incontrollabile ad assumere una sostanza o un particolare alimento. Si tratta cioè di una spinta irrefrenabile e compulsiva che spinge a mettere in atto comportamenti mirati a ottenere l’oggetto del bisogno. In ambito psicoanalitico questo termine non è molto utilizzato soprattutto per la poca chiarezza rispetto alla differenza, fondamentale nel nostro campo, tra bisogno e desiderio. La ludopatia e le dipendenze in genere possono così essere considerate non tanto una spinta verso il desiderio quanto un modo per difendersi dal desiderio stesso. L’oggetto del bisogno (droga, alcool, cibo, gioco, ecc.) è a portata di mano, è accessibile, sempre disponibile; il desiderio invece ha di mira la mancanza: è movimento, ricerca.
Come se ne esce? Quali sono i percorsi da attuare per guarire da questo disturbo e per non ricadere in esso?
I percorsi che possono essere consigliati dipendono da come viene considerato il problema e le teorie sono molto diverse a riguardo. Ci sono, a livello pubblico, dei servizi e dei centri dedicati al ‘recupero’ di persone con problemi di dipendenza da gioco che nella maggior parte dei casi lavorano con i soggetti e le famiglie attraverso terapie gruppali e con percorsi cognitivo comportamentali in cui lo scopo è arrivare a desensibilizzare dal gioco e poterlo sostituire con altre attività meno dannose e più funzionali. Nell’ottica psicoanalitica, i percorsi clinici devono puntare al di là del sintomo e la posta in gioco etica per lo psicoanalista non è tanto quella di andare ad eliminare o separare l’oggetto, quanto reintrodurre e sostenere un lavoro sulla parola che permetta di fare da argine al reale troppo devastante che lo invade.

Vi poniamo un’ultima domanda, che forse è la più importante: cosa bisognerebbe fare a livello di prevenzione?
Quando si parla di prevenzione si affronta un tema sempre molto ostico. La cosiddetta prevenzione primaria, come per tutto il campo delle patologie psichiche, non è praticabile. Come possiamo per esempio prevenire quello che può essere considerato un trauma per un soggetto quando la stessa cosa non fa trauma per tutti, ma ognuno ha la sua personale lettura a riguardo? E inoltre, come prevenire qualcosa che può essere letto solo a posteriori come un problema? Dobbiamo poi tenere conto, soprattutto per quanto riguarda il gioco d’azzardo, che a livello sociale, in cui sarebbe utile e necessaria una prevenzione del fenomeno, abbiamo un vero conflitto di interessi. Se pure è vero che annualmente vengono stanziati notevoli fondi per la prevenzione e la cura di queste problematiche (sicuramente più che per molte altre dipendenze), i soldi che vengono impegnati sono soldi che provengono dai ricavi che lo stato ottiene dal gioco. Dunque, da una parte, il gioco viene necessariamente incentivato e, dall’altra parte, viene fatta prevenzione contro la dipendenza da gioco utilizzando una parte dei proventi del gioco stesso. Un giro un po’ perverso direi. Detto questo, gli studi confermano che la prevenzione effettuata in maniera generica e solo sul piano informativo o dissuasivo non produce gli effetti sperati, anzi spesso è controproducente. Molto più efficaci risultano gli approcci in cui si fanno percorsi a partire da testimonianze dirette e miranti a far maturare un proprio senso critico rispetto alle situazioni di difficoltà, delusione e sconfitta, condizioni comuni a tutti, ma che oggi si cerca di tenere sempre più lontane dalla propria vita, da cui ci si attende solo un maximum di perfezione e felicità, al di là di ogni logica concretamente umana.
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by SACANDRO