25 APRILE 1945 / 25 APRILE 2020: SETTANTACINQUE ANNI, UN GIORNO

Nota sulla Festa della Liberazione, a cura di Fascicolo n. 13706

È 25 aprile particolare, e non solo perché coincide con il Settancinquesimo anniversario della Liberazione d’Italia dal fascismo e la fine dell’occupazione nazista. Che sarebbe stato un 25 aprile “senza ponte” lo si sapeva da tempo, ma nessuno avrebbe mai pensato che ognuno lo vivrà, di fatto, nelle proprie case, senza incontrarsi se non da finestra a finestra o, per i più fortunati, da balcone a balcone o da giardino a giardino. Ci saranno certamente discorsi ufficiali, commemorazioni e celebrazioni. Ma con piazze vuote. Non ci saranno convegni, manifestazioni, concerti, feste e balli. Non per questo, però, sarà un 25 aprile “sospeso”, e, come ogni volta, sarà occasione di riflettere sul suo senso e significato. Ogni anno, viene detto che il 25 aprile rappresenta il momento culminante della Resistenza, la chiusura di un periodo che ha segnato il riscatto politico dell’Italia e degli italiani, i quali, è bene ricordare, il fascismo lo avevano “fabbricato” e poi “esportato” in Europa.
Per tale motivo, la Resistenza non va considerata solo come una guerra patriottica contro un occupante straniero. Per certi aspetti, essa rappresenta l’esito di un processo più ampio, che, come ricordato da Alessandro Pertini anni fa, affonda le sue radici nel ventennio precedente:

  • nel sangue versato dai braccianti e dagli operai picchiati e ammazzati a bastonate dagli squadristi (foraggiati dai proprietari terrieri e dagli industriali, al fine di cancellare le conquiste ottenute dal movimento dei lavoratori nel periodo successivo alla fine della Prima guerra mondiale);
  • nelle carceri dove gli antifascisti erano stati imprigionati;
  • nelle isole di confino dove erano stati deportati;
  • nei manicomi dove erano stati segregati;
  • nelle trincee scavate a difesa della legittima Repubblica di Spagna, rovesciata dal colpo di stato di Francisco Franco sorretto dagli armati inviati in suo sostegno da Mussolini e da Hitler.

Non a caso, le brigate e i battaglioni partigiani che combatterono i nazisti e i fascisti tra il settembre del 1943 e il maggio del 1945 si richiamavano a quelle esperienze, e portavano i nomi di Spartaco Lavagnini, Giacomo Matteotti, Guido Picelli o Antonio Gramsci, per fare alcuni esempi. La misura di questo riscatto, inoltre, è data da un elemento non sempre abbastanza considerato, utile a fornire argomenti validi per rispondere agli attacchi che, da più parti, vengono lanciati ancora oggi alla guerra partigiana.

Foto di Christian Tedde

Spesso, infatti, i detrattori della Resistenza sostengono che senza di essa l’Italia avrebbe risparmiato molto sangue e molti lutti. Strumentalmente, questa affermazione non tiene conto del fatto che il fascismo aveva praticato una visione aggressiva delle relazioni internazionali sin dagli anni precedenti l’alleanza con Hitler, conducendo una criminale guerra all’Etiopia (1935-1936), spalleggiando, come detto, il franchismo in Spagna (1936-1939), occupando l’Albania (1939) e infine entrando nella Seconda guerra mondiale al fianco della Germania nazista e attaccando la Francia, la Grecia, la Jugoslavia e l’URSS. Questa escalation rese l’Italia un paese guerrafondaio, aggressore e nemico della pace internazionale. Nonostante ciò, nelle settimane precedenti l’armistizio dell’8 settembre, gli Alleati trasmisero al governo italiano la cosiddetta “Dichiarazione di Quebec”, stilata a margine dell’omonima conferenza, con la quale Gran Bretagna e Stati Uniti informavano che un’eventuale modifica delle condizioni poste all’Italia come paese nemico sarebbe dipesa dall’apporto dato dal governo e dal popolo italiano alle Nazioni Unite nella guerra contro la Germania. Lo stesso Winston Churchill affermò che gli italiani avrebbero dovuto guadagnarsi un trattamento diverso: se si fossero comportati come ci si aspettava da parte dei governi e dei popoli ormai prossimi alla vittoria, sarebbero dovuti essere considerati «per tutto, tranne che per il nome, come alleati»*. Sul piano delle relazioni internazionali, fu quindi grazie anche e soprattutto al sacrificio di decine di migliaia di donne e uomini – militari, civili e partigiani – che, alla fine del conflitto, forte del secondo movimento partigiano in Europa per consistenza (il primo fu quello jugoslavo), l’Italia poté sedere al tavolo della pace come paese co-belligerante**, con tutte le implicazioni che questo comportò, dallo svolgimento di libere elezioni per l’elezione dell’Assemblea costituente alla possibilità per gli italiani di dotarsi di una cornice istituzionale e costituzionale autonoma, per quanto inserita all’interno di una sfera di influenza geopolitica legata all’alleanza atlantica. Sul piano interno, invece, il 25 aprile e i giorni dell’insurrezione rappresentano una cesura con il passato e il momento fondante della Repubblica e della Costituzione, che è democratica perché antifascista, in quanto nata sulla base della rottura di un’esperienza storica precisa: il fascismo. La nostra legge fondamentale trae perciò origine da un moto di ribellione popolare e diffusa a un regime che aveva fatto dell’esaltazione fanatica della nazione e della guerra la sua ragion d’essere. Probabilmente è questo il significato più profondo della Festa della Liberazione, e anche il più scomodo, perché toglie qualsiasi tipo di sponda alla retorica di stampo patriottardo e nazionalista, rendendo giustizia a quel sacrificio.

* – Per la dichiarazione di Churchill si veda il documento “Considerazioni di Churchill sulla collaborazione italiana contro i tedeschi, 7 settembre 1943”, disponibile in Elena Aga Rossi, L’inganno reciproco. L’Armistizio tra l’Italia e gli anglo-americani del settembre 1943, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma, 1993, pp. 413-415.

** – La cobelligeranza è la condizione di uno stato che si trova in guerra contro lo stesso nemico di uno o più altri stati, senza tuttavia gli impegni e i diritti dell’alleato. Il concetto fu precisato proprio in relazione alla partecipazione dell’Italia alla guerra degli Alleati contro la Germania e poi il Giappone; confronta http://www.treccani.it/enciclopedia/cobelligeranza/

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