NASCITA E STORIA DELLA PET THERAPY

L’espressione Pet-Therapy venne usata per la prima volta dallo psicologo Boris Levinson nel 1953, nella sua pubblicazione “The dog as co-terapist”. Durante gli incontri con un bambino autistico, lo studioso americano si accorse casualmente che il suo cane offriva al piccolo paziente la possibilità di proiettare su di sé le proprie sensazioni interiori, generando uno scambio affettivo e di gioco che rendeva più piacevoli i loro incontri. Il nostro rapporto con gli animali ha origini ben più antiche, basti richiamare il processo di evoluzione dell’uomo e di evoluzione e domesticazione del cane. La nostra cultura è permeata da simboli e metafore dove gli animali mediano il comunicare rispetto ad aspetti complessi della nostra esistenza. Basti pensare alle favole, alla presenza degli animali nelle religioni e nelle correnti filosofiche, o più semplicemente ai nomi delle costellazioni, allo zodiaco, al calendario cinese, alla tradizione legata ai Santi e alla loro rappresentazione, agli stemmi delle famiglie nobiliari, alle metafore che utilizziamo per indicare i vizi e le virtù degli uomini. Quindi parlare del nostro rapporto con gli animali e più in generale con la natura significa rivolgere lo sguardo al mondo cosciente e anche a tutte quelle istanze che fanno parte della propria interiorità, formata da una complessa rete di emozioni, vissuti, comportamenti istintivi, apprendimenti, cambiamenti epigenetici, memorie arcaiche, impulsi ecc…

Foto di NOA Pet Therapy

Nella nostra società, sempre più urbanizzata e caratterizzata da cicli di vita giornaliera che lasciano ben poco tempo e spazio alla relazione con la natura, trovano strada malattie e disturbi mai conosciuti prima. Nel 2005 lo scrittore Richard Louv, nel suo libro “Last child in the Woods” ha coniato una particolare espressione, “Nature deficit disorder”, definendo una nuova categoria patologica che causa depressione, sovrappeso, e predispone anche all’insuccesso nella vita, perché il contatto con la natura e gli animali sostiene il formarsi di personalità adeguate, serene e stabili. In Italia si parla per la prima volta di Pet-therapy nel 1987 al Convegno Interdisciplinare su “Il ruolo degli animali nella società odierna”, tenutosi a Milano il 6 dicembre, al quale partecipano esperti di fama internazionale. Negli anni a venire fioriscono esperienze associative, nascono alcune scuole di preparazione alla Pet-Therapy, vengono svolti convegni e sottoscritti documenti come “Carta Modena”, che sottolineano il valore e il beneficio apportato alla comunità dal benessere uomo-animale. Si sviluppa in particolare l’approccio zoo-antropologico alla relazione con l’animale, che fornisce una ulteriore spinta e approfondimento all’importanza del legame uomo-animale. Questo legame viene posto al centro, e come valore fondante, di tutte le attività di Pet-Therapy. Non si parla più, quindi, di “utilizzo” dell’animale o di animale come “strumento”, ma di costruzione di relazioni di valore da mettere a disposizione delle persone coinvolte, sia in ambito sanitario, come nelle Terapie Assistite dagli Animali (TAA), che in ambito educativo-sociale, come per le Educative Assistite dagli Animali (EAA), che nelle attività ludico-ricreative, Attività Assistite dagli Animali (AAA). Un requisito di base per parlare di relazione in zoo-antropologia è quello che viene definito lo “status di alterità” dell’animale, al quale occorre sia riconosciuto lo stato di soggetto diverso e non antropomorfizzato ed il valore della singolarità di ciascun individuo, seppur con caratteristiche comuni riconducibili all’appartenenza ad una specie.

Foto NOA Pet Therapy

Con il Trattato di Lisbona del 2007, l’Unione Europea ha recepito questo principio e, come si legge nell’articolo 13, gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti. Da qui la recente proposta di inserimento dell’espressione “essere senziente” all’interno del codice civile italiano. Secondo l’approccio zoo-antropologico il cane non si addestra ma si educa, non dovrà essere ubbidiente, ma equilibrato e collaborativo, non al fine di produrre performance standard, ma per coinvolgerlo nella dimensione relazionale. Una tappa fondamentale in Italia è l’accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante “Linee guida nazionali per gli interventi assistiti con gli animali (IAA)” del 25 marzo 2015. Nelle linee guida recepite da tutte le regioni vengono definite le corrette modalità di svolgimento degli Interventi Assistiti con gli Animali al fine di tutelare la salute della persona ed il benessere dell’animale. Vengono inoltre specificati gli ambiti di intervento, le figure professionali componenti l’equipe multidisciplinare coinvolta, i protocolli di cura ed il benessere dell’animale coinvolto oltre a venir disciplinati i ruoli e la formazione necessaria per coloro che operano nell’ambito degli Interventi Assistiti con gli Animali. Le linee guida propongono un accento specifico sulla multidisciplinarità degli IAA e sul lavoro di equipe. Alcune delle figure fondamentali che lavorano in rete e spesso in contemporanea sulla persona o sul gruppo coinvolto nell’intervento sono: il responsabile del progetto, il coadiutore del cane, il referente, ed il medico veterinario esperto. Ogni figura ha una formazione e un ruolo specifico che gioca all’interno del progetto su un gruppo o su un individuo, la relazione uomo-animale si sviluppa in una dinamica terapeutica (TAA), educativa (EAA) o ludico-ricreativa (AAA) portando effetti benefici.

Ringraziamo per il contributo l’associazione NOA PET-THERAPY.

noa.petherapy@gmail.com

https://www.facebook.com/noa.petherapy

by SACANDRO

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