Un carabiniere muore accoltellato da due giovani turisti statunitensi e nei social-network c’è chi scrive: “Uno di meno, e chiaramente con uno sguardo poco intelligente, non ne sentiremo la mancanza”.
Un famoso scrittore muore colto da un malore e sul web appare una sequela di commenti come questo: “Via un’altra zecca anacronistica… Si respira meglio senza quel tisico Kompagno Komunista…”.
Un poliziotto muore in un incidente stradale e qualcuno pensa di intervenire online scrivendo: “Che bello uno sbirro in meno”.
Uomini, donne e bambini muoiono in mare tentando di raggiungere l’Italia e su facebook si sprecano commenti di questo tipo: “Buon appetito pesci!”
Potremmo continuare per ore elencando persone che dopo aver perso la vita diventano bersaglio di spregevoli commenti, e potremmo continuare per molto più tempo elencando i commenti stessi. Non si tratta dei cosiddetti haters che inveiscono contro il vip di turno. Risalendo ai profili dei commentatori arriviamo alle informazioni inserite e alle foto, che dipingono spesso persone amorevoli, ritratte con i figli in pose simpatiche oppure impegnate in associazioni benefiche o magari devote alla parola di Cristo.
Allora perché?

Non siamo certo in grado di stilare un profilo psicologico di costoro, ma delle riflessioni su questo fenomeno vanno comunque fatte e nel nostro piccolo vogliamo dare un contributo. La maggior parte dell’opinione pubblica parla di mancanza di rispetto nei confronti dei morti, ma noi abbiamo sviluppato altri due aspetti.
Il primo riguarda la mancanza di rispetto per il dolore di chi è legato affettivamente ai defunti insultati. Siamo convinti che nessuno (…o quasi…per ora…), passando davanti ad una bara con intorno genitori, figli, amici e parenti affranti dalla sofferenza, sarebbe capace di formulare frasi del tipo “era una merda…meglio così, uno di meno!”. Nel mondo virtuale tutto cambia però, e dietro lo schermo c’è chi si permette di utilizzare la tastiera come se non ci fosse il mondo reale a leggere ciò che si scrive.

Il secondo riguarda l’incapacità di dare valore alla vita in quanto tale. Non osiamo neanche immaginare che qualcuno, alla vista degli occhi terrorizzati di un uomo stremato in procinto di affogare o di un bambino travolto dalle onde, con il pianto smorzato e le braccia tese a cercare aiuto, anziché allungare la mano per salvare una vita possa guardare con disprezzo e disumanamente dire: “Potevi rimanere a casa tua…sarai cibo per pesci!”.

I commenti sul web, invece, si alimentano l’un l’altro, velocemente, e piccoli pezzi di un puzzle infinito compongono un quadro abominevole. Un buco nero che rischia di inghiottire tutto e tutti.
Spesso dietro esternazioni così cruente si celano posizioni politiche di ogni area, maturate senza discernimento, ma radicate solidamente nonostante contrastino con l’appellativo di “brava persona” col quale piace autodefinirsi. Non esprimiamo ulteriori giudizi e non elargiamo sentenze, ma un messaggio chiaro a chi usa certe espressioni in contesti così drammatici intendiamo mandarlo: Che si tratti di un carabiniere, di un cacciatore o di un immigrato, che si tratti di un poliziotto o di uno scrittore di sinistra, che tu sia di destra, di sinistra o pentastellato, che tu sia un ministro o l’ultimo degli ultimi, se non dai valore alla vita degli altri…quello che vale poco, forse, sei tu!
by SACANDRO