Siamo nella mattina del 5 settembre 1698, indietro nel tempo di 321 anni. Una nutrita schiera di alti ufficiali ed aristocratici russi giunge al cospetto dello Zar Pietro I detto “il Grande”, tornato in patria dopo un lunghissimo viaggio attraverso l’Europa occidentale.
Pietro, dopo aver accolto i suoi titolati sudditi, li sorprende con un atto eclatante: impugnato un rasoio inizia a tagliare le folte barbe che ornano quegli austeri visi. Quello stesso giorno emana una legge che prevede la tassazione per possesso di barba. La tassa è variabile a seconda del reddito e riguarda tutti tranne i contadini che vivono lontano dai centri abitati, a patto che essi non pretendano di entrare in città o nella capitale in particolar modo. In tal caso devono provvedere al pagamento del tributo previsto, pena l’immediata rasatura in pubblico. Rasatura in pubblico effettuata su chiunque, portatore di barba, non sia in possesso della particolare “moneta” o “medaglia” (come da figura qui sotto), attestante l’avvenuto pagamento dell’imposta.

Inutile dire che, ritornati ai nostri tempi, questo accaduto storico ci fa sorridere, ma va detto che allora, in Russia, avere una bella barba non era cosa di poco conto, perché essa simboleggiava il senso più ampio della nobiltà dell’uomo. La popolazione, infatti, rimase turbata dalla scelta dello Zar, che restò fermo nella sua decisione attribuendole la volontà di una innovazione culturale.

La normativa rimase in vigore fino al 1772, anno in cui fu abolita niente di meno che da una reggente donna: Caterina II.
A noi sorge il dubbio che dietro l’istituzione di questa tassa ci fosse solo uno dei tanti espedienti per raccogliere denaro e che ben poco avesse a che fare con la “modernizzazione” del Paese, ma chi può dirlo? Una riflessione però siamo spinti a farla e una domanda ne consegue spontanea: chissà se fra trecento anni, qualcuno si troverà inevitabilmente ad ironizzare su alcune delle tante tasse comunali, di scopo o nazionali che ci ritroviamo a pagare per “modernizzare” il nostro di Paese?
by SACANDRO