GIRA GIRA L’ELICA…, L’OPERAIO RIMANE A TERRA

All’inizio del mese di maggio Elica spa ha approvato i risultati del primo trimestre 2021. Ricavi consolidati +23,7% rispetto al primo trimestre 2020 pari a 137 milioni di euro. Il segmento Cooking e Motori in crescita a doppia cifra, rispettivamente +24,3% e +20,6% rispetto a stesso trimestre 2020. Ci fermiamo nel descrivere i risultati positivi dell’azienda citando Giulio Cocci, Amministratore Delegato di Elica, che afferma: “I risultati dei primi tre mesi dell’anno confermano la solidità in tutti i segmenti business. Cresciamo da tre trimestri nel Cooking e nei Motori.” Tuttavia, a marzo, l’Elica ha annunciato di trasferire le linee produttive a maggior standardizzazione in Polonia. A farne le spese gli stabilimenti di Mergo e Cerreto con dichiarato esubero di personale pari a più di 400 unità. L’azienda lo chiama “impatto occupazionale”, noi lo chiamiamo “licenziamento”, “dramma” per 400 famiglie con bimbi da crescere e mutui da pagare in un territorio distrutto da terremoto, pandemia e una crisi economica che grava impietosamente sui bilanci familiari, molto più piccoli di quelli aziendali, ma in questo caso certamente più difficili da affrontare. Va detto che il 29 aprile l’Assemblea Ordinaria di Elica S.p.a. ha approvato il Bilancio d’esercizio al 31 dicembre 2020 registrando un -5,7% (-4,4% al netto dell’effetto cambio) nei ricavi, che rimangono comunque di 452,6 milioni di euro. Rimane a -51,3 milioni di euro la Posizione Finanziaria Netta, cioè la somma dei debiti finanziari, di altre attività finanziarie e delle disponibilità liquide (https://elica.com/corporation/it/sala-stampa). Non siamo proprio abituati a cifre di questo genere, ma ad occhio e croce ci pare si parli di indebitamento finanziario. Vabbé, per noi che da bambini facevamo i conti con gli spiccioli per capire se ci “scappava” una pizzetta, è troppo, però ci piacerebbe capire: “…ma le cose non vanno tanto bene perché gli operai non faticano e costano troppo o perché qualcuno ha fatto il passo più lungo della gamba alla ricerca di una ricchezza maggiore di quella che già possedeva?”. Magari quelli a dover essere licenziati dovrebbero essere i dirigenti e non gli operai.

Foto di mohamed Hassan da Pixabay

Certo che se consideriamo che la sola buona uscita di due amministratori delegati, come alcuni dichiarano (https://www.collettiva.it/copertine/lavoro/2021/03/31/news/fabriano_gruppo_elica_vince_la_finanza_perde_il_territorio-973609/), è pari circa allo stipendio di 4 mesi di 400 operai in esubero…, non “incazzarsi” resta difficile.

Barcamenandoci nella nostra ignoranza, una piccola ricerca abbiamo voluto farla e condividiamo con voi questo interessante link dall’autorevole “Sole 24ore” aggiornato al gennaio 2017, dove si descrivono le manovre di mercato fatte dal Gruppo Elica Spa dal 1999 al 2017, con acquisti di porzioni di altre società e quant’altro (https://argomenti.ilsole24ore.com/elica.html). Come azionaria del Gruppo Elica compare anche la Whirlpool Europe Srl (nome già noto sul fronte delocalizzazioni). Elica fa produzione in sette siti tra Italia, Polonia, Messico, India e Cina e il suo presidente è Francesco Casoli. Vorremmo un Paese che in situazioni come questa sapesse schierarsi con forza, che la popolazione intera scendesse in piazza, davanti i cancelli delle fabbriche a urlare che non è solo il problema di 400 operai, ma una ferita, l’ennesima, inferta ad un’intera comunità. Vorremmo che lo Stato si schierasse dalla parte del lavoro e non della finanza.

Foto di MasterTux da Pixabay

Non accade! Non accade perché non c’è più la coscienza di classe e la lotta che ne consegue. Quando Elica afferma che la decisione è dolorosa, ma necessaria per mantenere i posti di lavoro che rimangono, pare quasi compiere un gesto di benevolenza anziché alludere a una formula ricattatoria. Insomma alla fine dobbiamo essere anche contenti perché poteva andare peggio. Qui non si parla di Elica e di 400 operai, c’è molto di più, proprio come in tante altre vicende simili a questa. Noi rispettiamo gli imprenditori in quanto tali, ma non i padroni, perché padroni non ce ne devono essere. La crisi economica e una politica ridotta a barzelletta hanno contribuito a una regressione sociale rispetto alla visione del lavoro e soprattutto dei lavoratori. Sentiamo frasi come: “Ha dato da mangiare a tanta gente”, ma chi lavora da mangiare se lo guadagna con il sudore della propria fronte, con sacrificio, e quando un imprenditore decide di impiantare uno stabilimento lo fa nell’ottica di trarne giustamente un guadagno e non perché spinto da sentimenti caritatevoli. Non devono essere i lavoratori a ringraziare il signor padrone per quello stipendio meritato con fatica e per una vita dignitosa di cui hanno pieno diritto, ma il ricco proprietario a ringraziare gli operai che gli hanno concesso di fare una vita da nababbo e di sfruttare un modello iniquo di società. Non stiamo parlando di piccoli imprenditori che a fatica hanno messo in piedi un’attività per poi finire in banca rotta dilaniati da tasse insostenibili, fermati da eventi incontrollabili, distrutti da mancate riscossioni o dalla mancanza di mercato. A loro va tutta la nostra solidarietà, il nostro supporto e la nostra comprensione. Non ce la prendiamo nello specifico con Casoli o Cocci, ma con un’intera classe dirigente a livello nazionale. Prendiamo spunto da questa vicenda per una riflessione più ampia, perché abbiamo visto tante grandi aziende delocalizzare o dichiarare chiusure per riduzione di profitto, ma non abbiamo mai visto nessun alto dirigente stare in fila per un pasto caldo alla Caritas accanto ai loro dipendenti licenziati. Cari presidenti, amministratori delegati e padroni di società per azioni, voi che per anni avete guadagnato tanto (troppo) se siete davvero in perdita, per far fronte alla situazione prima di licenziare e trasferire le produzioni, vendete le vostre quote di altre società, vendete yacht e ville al mare, Maserati e Ferrari, rinunciate a vacanze faraoniche, arrivate a vivere in una sola casa senza colf e con 3000 euro al mese (che sono comunque tantissimi), e una volta fatto questo se vorrete delocalizzare sapremo che avrete fatto veramente tutto il possibile e saremo dalla vostra parte, perché ci sarà una sola parte in cui stare.

N.B.: se intanto lo Stato e tutte le istituzioni iniziassero a parlare seriamente di lavoro smettendola di presenziare inutilmente talk-show televisivi sarebbe già qualcosa.

By SACANDRO

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