L’Italia ha un vastissimo scenario musicale ricco di stili diversi. Forme di arte portate al grande pubblico da interpreti famosi, ma che germogliano continuamente in un sottobosco di esperimenti, innovazione, laboratori ed eccelse amatorialità. Germogli che a volte crescono e diventano bellissimi fiori dal profumo inebriante nel quale perdersi. Proprio come nelle sonorità emozionanti dei Sambene, uno dei gruppi più interessanti che abbiamo avuto il piacere di conoscere. In questo articolo abbiamo la pretesa di farli conoscere un po’, anche a quelli di voi che non siano ancora riusciti ad ascoltarli. Lo facciamo ponendo loro qualche domanda, a cui hanno gentilmente accettato di rispondere.
Partiamo con le presentazioni: chi sono i Sambene?
Per capire chi sono i Sambene non si può che partire dal significato del nome che segna il nostro legame con la tradizione popolare: ‘Sambene’, in sardo, significa ‘sangue’, per noi sinonimo di passione ed energia. Il gruppo nasce all’inizio del 2015 all’interno dell’Arslive Accademia dei Cantautori di Recanati, fondata da Lucia Brandoni nel 2012, ed è frutto della sinergia fra le varie componenti dell’Accademia stessa. In esso confluiscono, infatti, gli studi di etnomusicologia della fondatrice, Lucia Brandoni (allieva di Roberto Leydi), l’esperienza e la capacità di scrittura del cantautore Marco Sonaglia (cantautore con all’attivo due dischi, compositore, nonché chitarra ritmica, armonica a bocca e voce maschile del gruppo), le interpretazioni raffinate e la vocalità espressiva della cantante Roberta Sforza, la vocalità “popolare” e grintosa della cantante Veronica Vivani, di origine sarda, e le sonorità folk del fisarmonicista Emanuele Storti. Ne esce un ensemble ricco, nonostante l’uso di soli due strumenti (chitarra e fisarmonica), impreziositi talvolta dalla partecipazione di altri strumenti acustici, ospiti nei lavori discografici del gruppo. La direzione musicale di Lucia Brandoni, nonché i suoi arrangiamenti vocali, assicurano ai Sambene un impatto aderente ai modelli della tradizione folk del centro Italia.

Cosa vi ha spinto a dar vita alla vostra band, che di fatto è un chiaro “progetto artistico”, oltre alla comune passione per la musica?
Ci siamo incontrati in Accademia dei Cantautori, fucina per eccellenza di idee e progetti artistici trainati dalla nostra direttrice, Lucia. L’Accademia, di cui anche Marco Sonaglia è docente, è fin da subito divenuta la nostra casa. Riconoscersi, oltre che nella musica, in un quadro di valori condivisi e per noi fondanti, ha naturalmente portato alla formazione dei Sambene che, dopo un primo periodo di ulteriore formazione per le due voci femminili, hanno sentito forte la necessità di ‘prendere parte’, ad iniziare dal primo disco di inediti, ‘Sentieri partigiani. Tra Marche e memoria’.
“I Sambene cantano De André. Di signori distratti, blasfemi e spose bambine”, il vostro disco omaggio a “Faber”. Ci parlate della scelta delle canzoni?
Il ricco booklet del nostro secondo disco, omaggio al cantautore che più ha influenzato la nostra formazione, ospita una presentazione firmata da Alessio Lega, cantautore e studioso di canzone d’autore, che sottolinea come “Oggi dire che De André piace, che è il proprio artista preferito porta consenso, sicché dice di amarlo persino chi costruisce carriere e potere su politiche agli antipodi di quella poesia intrisa di passione per la libertà e disprezzo del razzismo. Forse per questo si suona De André con arrangiamenti ricchissimi, lo si “vocalizza” in tutte le salse, ma lo si comprende poco. Resta lì, nel museo del bel canto che fu”. Proprio per questo, sottolinea Lega, “c’è bisogno di tornare a cantare un De André più umano, un De André anarchico, un De André narratore. (…) Se le scelte di arrangiamento, sobrie e cesellate, pongono queste storie in un contesto favolistico, quasi fuori dal tempo, ecco l’intreccio delle voci, il calco di parole che ritrovano tutta la loro importanza. Più che celebrare l’arte del poeta e del musicista, mi sembra che in questo disco emerga il narratore De André, l’antropologo della libertà e dell’irripetibilità dell’esperienza umana. Proprio quello di cui abbiamo più bisogno”. Per rafforzare l’idea della narrazione, abbiamo deciso di dividere il disco in tre capitoli: il primo dedicato all’amore (‘Di signori distratti’), il secondo alla spiritualità (‘di blasfemi’) ed infine il terzo alle tematiche socio-politiche (‘di spose bambine’), che sono quelle a noi più care e che tornano anche nella bonus track del cd, dove per l’occasione le tre voci Sambene sono affiancate da un coro di bambine e bambini della scuola ArsLive di Recanati. Ad orientare la scelta dei brani, all’interno di ognuno dei tre capitoli, l’ulteriore intento di evidenziare le varie collaborazioni illustri, come quelle con Massimo Bubola ed Ivano Fossati, che, nel corso degli anni, hanno arricchito la produzione di De André.
“Sentieri partigiani” è il vostro primo disco di inediti. Un viaggio, fra luoghi e storia, per non dimenticare e dar valore alla memoria. La musica è un mezzo straordinario per suscitare emozioni e sensibilità. Quanto è importante oggi, non dimenticare?
“…la memoria è la mia libertà!”. Così cantiamo nel brano con cui si chiude ‘Sentieri partigiani. Tra Marche e memoria’, ‘Il vento della memoria’, che racchiude in sé una sorta di soluzione di continuità fra passato e presente, fra la lotta di Resistenza e ciò che è accaduto negli anni a seguire, comprese le stragi nere. La memoria, per noi, rappresenta uno dei valori imprescindibili per comprendere il presente ed il futuro, per formarci e conformarci ad una precisa visione del mondo e della storia. La memoria è conoscenza, la sua salvaguardia diventa per noi strada da percorrere con coraggio e determinazione.
Ringraziamo per la disponibilità i Sambene.
by SACANDRO