Qualche settimana fa, prima della “fase 3”, abbiamo molto sentito parlare del “modello Vilnius” sempre in relazione alle misure prese contro il diffondersi del coronavirus e più precisamente riguardo alle aperture dei locali pubblici. Incuriositi, abbiamo deciso di fare una chiacchierata col nostro amico Filippo Erasti che risiede proprio a Vilnius.
Ciao a tutti, innanzitutto partirei con una piccola introduzione sul Paese nel quale risiedo da ormai 6 anni. La Lituania e’ uno dei 3 Stati Baltici insieme a Lettonia ed Estonia, per intenderci il piu’ vicino geograficamente e politicamente all’Europa. Con I suoi circa 2.800.000 abitanti e’ anche il piu’ popoloso dei tre e, seppur abbia una superficie di 65.200 km2 , sono tre le citta’ dove si concentra la maggior parte della popolazione: Vilnius (la capitale), Kaunas (gli amanti del Basket ne avranno sentito parlare) e Klaipėda. E’ quindi in queste aree che si è registrato il maggior numero di contagi, numeri ben diversi rispetto a quelli di molti altri Paesi della Comunita’ Europea, ovviamente per percentuale di popolazione, ma soprattutto per la prontezza con la quale si e’ affrontata la situazione sin dall’inizio della pandemia. Dopo l’aggravarsi della situazione in Italia e in altri Paesi, il 26 febbraio la Lituania ha dichiarato lo stato di emergenza in via precauzionale contro il diffondersi del COVID-19. “Manco a farlo apposta” il 28 Febbraio si e’ registrato il primo caso confermato di Coronavirus: una donna di rientro da un viaggio di lavoro a Verona. Dopo altri sporadici casi, il 12 marzo il Governo ha deciso di cancellare ogni evento pubblico; lo stesso giorno anche scuole e universita’ sono state chiuse insieme a musei, cinema, palestre e discoteche. Da allora e’ stata indetta la quarantena, seppur senza drastiche restrizioni, e promosso lo smart working. Dopo pochi giorni, il 16 marzo, anche bar, ristoranti e negozi sono stati chiusi, e soprattutto sono state chiuse le frontiere.

Come è stata descritta dai media la situazione italiana, e qual è stata la reazione?
Bella domanda, questa… La prima reazione e’ stata di diffidenza e distacco, imputando la grave situazione italiana al fatto che siamo un popolo molto “espansivo” e perciò il contatto fisico e’ maggiore rispetto soprattutto agli stati del Nord Europa. Essendo italiano, non sono mancati episodi nei quali la prima domanda che ricevevo era: “Quand’e’ l’ultima volta che sei stato in Italia?” facendo un passo indietro. Ad ogni modo le decisioni a favore della sicurezza pubblica sono state accettate come necessarie, la quarantena e’ stata indetta in maniera repentina e rispettata dalla popolazione, senza panico e in modo disciplinato. Le differenze che ho notato con l’Italia sono relative alle proporzioni ovviamente: dato il numero dei contagi, mai in quantita’ eccessiva, non si e’ assistito a una vera e propria crisi sanitaria, con personale contagiato e carenza di posti-letto. Il problema semmai risale a prima del COVID-19, quando gli operatori del settore chiedevano al Governo migliori condizioni lavorative e salariali. Credo che ora, dopo l’enorme servizio svolto, abbiano qualche arma in piu’ per negoziare l’eventuale miglioramento della loro situazione professionale. Essendo uno stato “giovane” (ha riacquisito ufficialmente l’indipendenza solo nel 1991) la Lituania ha un’economia in costante crescita. Il centro storico di Vilnius e’ patrimonio UNESCO, quindi anche il turismo e tutto il settore terziario giocano un ruolo fondamentale per lo sviluppo del Paese . Anche qui in Lituania il Governo ha messo a disposizione una sorta di “cassa integrazione” per i liberi professionisti e per le categorie che hanno maggiormente risentito della situazione.
Cos’è il modello Vilnius?
Il cosiddetto “modello Vilnius” si riferisce alla decisione del governo di trasformare la capitale in un grande bar all’aperto: “Lithuanian capital to be turned into vast open-air cafe” dal titolo di un articolo pubblicato da The Guardian a fine aprile. In effetti la seconda fase prevede la normale circolazione delle persone, seppur con l’uso obbligatorio delle mascherine, e la riapertura degli spazi all’aperto di bar e ristoranti. Il numero dei tavoli e’ ridotto per via delle distanze minime di sicurezza, le quali pero’ diminuiscono in maniera proporzionale alla quantita’ di alcool presente (perche’, in fin dei conti, dopo qualche bicchiere la gente e’ espansiva anche qui).

Per il futuro?
Il futuro…lo vedo incerto, nonostante sia fortunato ad avere un lavoro stabile che per ora non sta risentendo della crisi dovuta alla pandemia; inoltre, essendo architetto, il lavoro in remoto non cambia molto da quello d’ufficio. Per me il problema principale deriva dalla limitazione degli spostamenti; con questo non intendo vacanze estive, ma la possibilita’ di tornare a casa, il che ad oggi sembra un futuro ancora lontano.
Dal giorno in cui ci siamo messi in contatto con Filippo è passato un po’ di tempo, sappiamo che ora sta lavorando in ufficio, e pare sia tornado tutto alla normalità. Con la speranza di rivederlo presto in Italia, lo ringraziamo per la collaborazione. Questa chiacchierata ci ha fatto riflettere su una cosa: si parla di Vilnius e del suo modello solo in relazione al modo in cui è stato permesso ai locali e all’economia di ripartire, seppur con alcune limitazioni. Crediamo invece che il modello sia più ampio. Si parla di un popolo che ha accettato, in maniera pacata e rispettosa, le decisioni del governo, partecipando quindi attivamente alla fine del periodo di crisi evitando di mettere a rischio se stessi e gli altri con atteggiamenti poco consoni. Questo dovremmo imparare forse, anche da Vilnius. Seguire le giuste regole, ci rende liberi…in questo caso, forse, ci potrebbe liberare prima.
by BARZ