FRANCIA: TRA CORONAVIRUS E “PESSIMISMO”

Continua il nostro viaggio per capire come viene affrontata l’emrgenza covid19 nel mondo. La nostra amica Lisa Dinaro, vive in Francia, a Nancy e ha risposto a qualche nostra domanda. Ciao Lisa, da quanto tempo vivi in Francia? Salve a tutti. Vivo in Francia ormai da due anni e sono venuta qui per amore, la miglior motivazione per lasciare il sole, il caldo ed il mare del Mediterraneo per una terra fredda e piovosa (sorride)! Il mio compagno, anche lui italiano, è uno dei tanti emigrati lavorativi, venuto qui per insegnare e fare ricerca con un contratto di lavoro dignitoso senza dover attendere di diventare anziano per ottenerlo.

Come hai vissuto l’inizio dell’epidemia in Italia ed il suo presentarsi in Francia? L’inizio con un po’ di preoccupazione. All’epoca si conosceva veramente poco del virus, non sapevamo cosa avremmo dovuto aspettarci, in più quando sei lontano dai tuoi affetti ti preoccupi sempre di più perché non puoi toccare con mano la situazione, ma puoi solamente affidarti a quello che ti dicono. In Francia i primi casi sono stati annunciati dal ministro della salute il 24 gennaio, ma questa cosa è sfuggita a molti, ed il primo morto si è avuto il 14 febbraio.

Come veniva e viene descritta la situazione italiana? Devo ammettere che inizialmente è stata presa sottogamba, all’inizio non si parlava di cosa stesse succedendo in Italia, erano tutti incentrati sulle elezioni municipali che infiammavano i telegiornali e la stampa. Quando in Italia i casi sono aumentati, Cotogno è stata chiusa e nonostante ciò si trovavano ogni giorno dei nuovi positivi, qui si è iniziato a parlare di quello che stava accadendo e a seconda dei giornalisti si andava dalle ironiche prese in giro a chi, più allarmista, si chiedeva se era il caso di stare all’erta. Diciamo che la prevalenza era molto “a noi questo non può accadere, sono i soliti italiani con il vizio di toccarsi e di non seguire le regole”. Mi è capitato più di una volta che conoscenti mi abbiano chiesto se secondo me il problema dei posti letti che si stava avendo negli ospedali del Nord fosse legato alla corruzione e alla mafia. Questo è quello che abbiamo vissuto in questa zona che è molto vicina alla Germania e al Lussemburgo, dove le persone tendono ad essere un po’ più fredde ed inquadrate. Tendenzialmente amano l’Italia e gli italiani, ma hanno una visione di noi molto caciarona con poca propensione al lavoro e con una società spesso corrotta.

L’Italia è stata presa come esempio nel piano di prevenzione e controllo dell’epidemia? Si, quando la Francia ha cominciato a prendere provvedimenti è stata proprio l’Italia il modello a cui riferirsi ed il Presidente Emmanuel Macron ha ringraziato più volte l’Italia per i grandi sforzi che ha fatto nel contenere la propagazione del virus. Secondo me la Francia ha esitato troppo nelle prime settimane di contagio. Un esempio è stata la gestione della propagazione nella nostra regione: noi siamo stati da subito una delle regione più colpite di tutto l’Esagono, insieme alla regione di Parigi, Ile de France. La causa della grande propagazione del virus sembrerebbe sia stata un incontro a Porte Aperte tenutosi dalla Chiesa Evangelista di Mulhouse dal 17 al 24 febbraio con più di 2000 persone. Una volta che è stata ricostruita la propagazione del virus da questa riunione a differenti zone della Francia, arrivando perfino ad un dipartimento oltre mare come la Guayana Francese, la zona imputata, Mulhouse e tutto il dipartimento dell’Alto Reno, non è stata chiusa. Il mio compagno che insegna nell’Università di Lorena mi raccontava che gli studenti provenienti dall’Italia dovevano rimanere nei loro alloggi per fare una quarantena di 14 giorni, mentre quelli provenienti dall’area interessata potevano assistere alla lezioni liberamente.

Quali sono le misure che il governo francese ha attuato? Il 14 marzo la Francia ha chiuso tutte le attività non essenziali ed il 17 marzo è cominciato il confinamento per tutti i cittadini, anche se in forma meno “severa” rispetto alla italiana. Le scuole sono state chiuse, ma alcune sono rimaste aperte con dei professori volontari e con delle classi molto ridotte per i figli delle persone che esercitano lavori essenziali come i medici ed infermieri. Non sono state vietate attività sportive all’aria aperta, purché fatte in solitaria o con i componenti del proprio nucleo famigliare, per massimo di un ora e per un raggio massimo di 1 km, quindi le famiglie hanno potuto fare passeggiate insieme, soprattutto chi aveva i bambini e lo stesso valeva per chi ha degli animali da compagnia, e non c’è stato il limite di fare gli acquisti solamente nel proprio comune di appartenenza.

I protocolli di prevenzione sono uguali in tutta la Francia? Noi abitiamo in uno dei 33 dipartimenti Rossi ad alta circolazione del virus mentre sono 68 al momento i dipartimenti verdi dove la circolazione del virus è bassa. I protocolli sono stati uguali in tutto lo stato, comunque alcune città come ad esempio Parigi hanno stretto maggiormente le maglie con provvedimenti più restrittivi. Per il momento la differenza tra le zone verdi e rosse riguarderanno le aperture o meno dei parchi e a partire da giugno riguarderà piuttosto il tema degli spostamenti consentiti. Per il momento non possiamo spostarci al di la dei 100 km.

Nancy. Photo by Dimitry Anikin on Unsplash

La sanità pubblica riesce a fronteggiare questa crisi? La sanità ha subìto un duro colpo nei dipartimenti dove la circolazione del virus è stata più massiva, ma differentemente da quello che sappiamo dell’Italia, la Francia ha spostato pazienti Covid dagli ospedali in overbooking verso quelli dove la circolazione era più bassa. Sono stati numerosi gli spostamenti dall’ospedale della nostra città, come dagli ospedali alsaziani, verso le città del sud della Francia come Montpellier e Toulouse, attraverso voli aerei o viaggi in treno, oppure verso la vicina Germania. Molti medici sono andati in aiuto dei colleghi che stavano in difficoltà per il sovrannumero dei pazienti. Si sono avuti numerosi dibattiti sulla situazione della sanità francese durante questa crisi, perché secondo i lavoratori del settore le molte difficoltà sarebbe derivate dal taglio delle risorse destinate dallo Stato alla sanità negli ultimi 20 anni. Molto esposti, come in Italia, sono stati i medici di famiglia in quanto sono stati la prima linea di frontiera nei confronti del virus, senza però poter avere i dispositivi di sicurezza necessari. Inizialmente lo stato ha creato un numero nazionale dove avrebbero dovuto convogliare tutti coloro che presentavano sintomi riferibili al Covid19, purtroppo il sistema si è intasato in brevissimo tempo così sono stati proprio i medici di famiglia a gestire i casi. Ora la situazione è tornata gestibile e gli ospedali non sono più in over booking. In piena emergenza la situazione è stata completamente sovrapponibile a quella italiana, venivano testati solamente coloro che finivano in rianimazione ed il personale curante che presentava sintomi riferibili al Covid19. Con il passare delle settimane si è deciso di allargare la platea ma sono mancati mezzi come tamponi, reagenti, macchinari per processarli, sono stati chiamati in causa tutti i laboratori, compresi quelli veterinari, per far fronte alla situazione e sono stati fatti ordini dalla Cina di mezzi e macchinari, ma purtroppo ci sono stati numerosi intoppi e si è riuscito a far un numero di tamponi piuttosto basso. Dal 7 aprile hanno cominciato a testare tutte le persone presenti nelle cliniche per gli anziani e le persone che ci lavorano in quanto anche qui si è assistito ad una grande propagazione del virus all’interno delle strutture per anziani. Il ministro della sanità aveva annunciato che dopo l’11 maggio si sarebbero fatti 700.000 tamponi a settimana per la ricerca del virus, ma si sono resi conto, già diversi giorni prima della data prevista, che non sarebbero riusciti ad eseguire una tale quantità di test, inoltre a seconda dei dipartimenti i numeri dei test riguardano quelli effettuati, in altri riguardano solamente i positivi, diciamo che ci si sta ancora lavorando. Per il momento quel che sappiamo è che se presenti sintomi relativi al Covid19, il tuo medico curante ti farà una ricetta che ti permetterà di essere testato per la ricerca del virus tramite PCR nei centri adibiti e sarai messo in isolamento a casa oppure, dove non possibile, in strutture dello stato. Se risulti positivo sarai seguito dal sistema sanitario e dovrai fornire i nomi di tutti coloro che hai frequentato fino a 2 giorni prima della comparsa dei sintomi, sarà poi il sistema sanitario a contattarli e decidere se testare queste persone. Per quanto riguarda i test sierologici ed i test rapidi dovremmo aspettare perché sembrano non aver dato i risultati sperati, la loro affidabilità è ancora troppo bassa e così la Francia non ne ha ancora validato nessuno. Il Paese ha avuto un grande ed acceso dibattito su una cura sperimentale a base di Clorochina, un farmaco utilizzato per il trattamento della malaria, tale sperimentazione è stata portata avanti da un’equipe medica dell’Ospedale Universitario delle Infezioni Mediterranee di Marsiglia grazie al suo direttore, il Professor Didier Raoult. La cura ha dato buoni risultati però non tutta la comunità scientifica è stata altrettanto favorevole come il Professore e molti francesi, perché i numeri della sperimentazione erano limitati ed il farmaco potrebbe dare degli effetti collaterali anche importanti. Ragion per cui inizialmente lo stato francese aveva deciso di condurre degli studi sperimentali su larga scala ma successivamente con l’aggravarsi della situazione sanitaria ha deciso di dare la possibilità di prescrizione di un trattamento con idrossiclorochina associato all’antibiotico azitromicina per il Covid19.

Avete riscontrato difficoltà nel reperire mascherine o altro materiale di prevenzione? Si, esattamente come in Italia, mascherine, guanti e gel sono spariti immediatamente dalla circolazione ed è stato un problema per le persone a rischio, per il personale curante e le altre categorie che ne necessitavano. Molto velocemente i francesi hanno però cominciato ad autoprodursi le mascherine in tessuto, grazie soprattutto all’Ospedale di Grenoble che ha messo a disposizione un tutorial per fare delle maschere a casa. L’idea è nata per invitare i propri dipendenti a farsi da soli le mascherine visto la carenza, l’informazione è poi rimbalzata sulla rete e sono stati in molti ad invitare chi volesse, a produrre le maschere per loro stessi e per le persone che lavorano negli ospedali, io stessa le ho cucite grazie a quel tutorial. Una cosa che ho molto apprezzato è che il mio comune, come molti altri nelle zone limitrofe, nelle prossime settimane andranno a donare, per ogni cittadino, due maschere lavabili.

Quando è prevista la fase di allentamento del lockdown? Quali sono le attività permesse? Stiamo vivendo il lockdown dal 17 marzo e sono ammesse solamente le attività definite necessarie, farmacie e supermercati principalmente. I luoghi di culto sono stati chiusi come anche parchi e giardini pubblici. Sono stati chiusi dopo un paio di settimane dall’inizio del confinamento anche i mercati all’aperto. Bar, ristornati e fast-food sono stati chiusi già dal 14 marzo, ma si è data la possibilità a chi poteva, di effettuare l’asporto per poter continuare a lavorare.

Nancy. Photo by Lisa del Arte on Unsplash

Gli indigenti, le fasce più deboli e i lavoratori sono tutelati? Lo stato per cercare di tutelare i lavoratori dipendenti ed autonomi ha messo in pratica una serie di misure come il rinvio dei contributi e delle tasse fino a fine emergenza per tutti i negozianti che si sono dovuti fermare; ha dato la possibilità di mettere i lavoratori in cassa integrazione facendosi carico completo dello stipendio, mantenendo ai lavoratori l’80% dello stesso, per quelli con lo stipendio minimo, che in Francia è di 1521 euro lordi, intorno ai 1100 euro netti, sarà mantenuto al 100%. Durante il confinamento sono vietati tutti i licenziamenti. Per genitori con figli fino a 16 anni che non sono in condizione di fare del telelavoro, possono richiedere di rimanere a casa e lo Stato coprirà la loro indennità salariale per tutto il periodo di chiusura delle scuole. I lavoratori autonomi che hanno fermato la propria attività hanno diritto ad un’indennità di 1500 euro. A tutte le attività dovrebbero essere stati sospesi affitti e fatture per il periodo della crisi. Le famiglie più povere sono state raggiunte da aiuti eccezionali in base al reddito, al numero di figli e in relazione agli aiuti che già percepivano.

Le scuole quando sono state chiuse? Riapriranno presto o è tutto rimandato a settembre? Tutte le scuole sono state chiuse lunedì 16 marzo, non proprio immediatamente visto che il virus era presente dal 24 gennaio ed il lockdown è cominciato il 17. Verranno riaperte le materne e le elementari in maniera progressiva a partire dall’11 maggio mentre per i collegi, che sono le nostre medie, riapriranno progressivamente a partire dal 18 maggio. La riapertura delle singole scuole sarà decisa dai vari sindaci a seconda della capacità degli istituti di uniformarsi agli standard richiesti per il Covid19; nel nostro comune ad esempio riapriranno il 25 maggio. C’è un gran dibattito in corso riguardo tale riapertura, non tutti sono contenti perché si prevede che sarà complicato far rispettare i vari obblighi, come il distanziamento, ai più piccolini ma il Presidente Macron è stato ferreo. Ognuno riaprirà con le proprie tempistiche ma bisogna riaprire perché i divari tra i differenti livelli sociali stanno aumentando in quanto non tutte le famiglie hanno i mezzi e le formazioni a distanza non arrivano a tutti gli studenti, inoltre ci sono ragazzi che vivono delle realtà di sovrappopolamento all’interno di piccoli appartamenti con situazioni di tensione familiare ed è per questo motivo che è necessario farli uscire di casa e non farli sentire troppo isolati. C’è da fare una considerazione, agli alunni francesi mancherebbero ancora quasi 2 mesi di scuola prima della chiusura estiva perché normalmente termina con l’inizio di luglio. Le classi avranno un massimo di 15 studenti e 10 alunni per le materne con ricreazioni ed entrate scaglionate. In vista delle classi ridotte verrà data priorità agli studenti in difficoltà, con situazioni a rischio e agli alunni in cui entrambi i genitori non possono fare del telelavoro. Le Università ed i licei dovrebbero invece riaprire a settembre ma il governo non si è ancora espresso chiaramente in tal senso. La popolazione è fiduciosa verso il governo o c’è stata una spaccatura? I francesi di base sono un popolo piuttosto critico nei confronti del proprio governo ed infatti sono conosciuti per essere un popolo che scende spesso in piazza a manifestare, anche in questa occasione hanno mantenuto tale caratteristica ritenendosi piuttosto insoddisfatti della gestione del governo in questo periodo d’emergenza. Per farvi comprendere il livello di malcontento, la settimana scorsa sono usciti diversi articoli di giornali riguardanti uno studio pubblicato il 2 maggio dall’Istituto Ipsos condotto su 7 paesi per lo più europei, tra cui Francia ed Italia, ed è emerso che i paesi più duramente colpiti dal Covid19 sono quelli più pessimisti e più insoddisfatti delle azioni dei propri governi. Il primato negativo sembra essere stato assegnato proprio alla Francia in quanto ha il più alto grado di insoddisfazione nei confronti del governo (62%), seguita dall’Italia (45%), Regno Unito (39%) ecc, sono risultati anche i più pessimisti (43%) con alle spalle gli italiani (34%). Per concludere c’è stata una spaccatura tra quelli che dicono che il governo poteva fare meglio, ma considerando la complessità della situazione si ritengono soddisfatti, e quelli che non lo sono del tutto.

Salutiamo Lisa, ringraziandola per la sua disponibilità.

foto in evidenza di Paul Gaudriault on Unsplash

by BARZ

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