DISLESSIA: UN DISTURBO DA CAPIRE

“Suo figlio è molto intelligente, ma non si applica e non ha voglia di studiare!” Una volta questa frase si sentiva spesso, ma oggi viene usata molto più raramente dagli insegnanti, soprattutto nella scuola dell’infanzia ed in quella primaria. Il tutto frutto di una maggiore consapevolezza riguardo ad alcuni disturbi che possono interessare il bambino o il ragazzo in età scolare, e che possono condizionare fortemente la crescita dell’individuo in ambito scolastico, nei rapporti sociali e in ambito lavorativo nell’età adulta. Uno di questi disturbi è la dislessia, caratterizzata dalla difficoltà nel leggere, dovuta ad una distorta capacità di decodificare ciò che si sta leggendo, sia esso un testo complesso o una semplice dicitura scritta. L’atteggiamento del bambino durante lo svolgimento dei compiti assegnati può essere facilmente interpretato come svogliatezza, mentre in realtà lo sforzo è così grande da risucchiare tutte le sue energie fino a renderlo stanco e distratto. Gli errori a questo punto non possono che ripetersi, soprattutto se viene ripreso duramente aumentando i livelli di stress per una difficoltà che, per quanto esso voglia, non riesce a superare.

Foto di Les Anderson on Unsplash

Il ragazzino è intelligente, ugualmente dinamico e comunicativo, senza problemi a livello cognitivo o di comprensione. La dislessia rientra nella sfera dei DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), come la disgrafìa (difficoltà nell’abilità motoria della scrittura), la discalculia (difficoltà a comprendere i numeri, quindi ad eseguire calcoli matematici) e la disortografìa (difficoltà a rappresentare in forma scritta suoni e parole). Il bambino, spesso, presenta più di un disturbo e nel linguaggio corrente si tende ad accomunarli tutti sotto un unico termine: dislessia. La dislessia può assumere, o non assumere, un grado di disabilità a seconda del contesto sociale e culturale in cui si vive. Possiamo affermare che i DSA sono semplicemente una neuro-diversità e NON UNA MALATTIA, tuttavia va comunque fatta una diagnosi, e va fatta il più precocemente possibile in modo da permettere un intervento tempestivo ed efficace. Ogni bambino può manifestare il suo disturbo specifico in forma diversa, ma più comunemente inverte numeri e lettere (in alcuni casi quest’ultime vengono sostituite); non riesce ad imparare le tabelline o l’alfabeto con le lettere in sequenza; confonde ieri con domani, come pure giorni e mesi, nonché la destra con la sinistra; ha difficoltà nelle abilità motorie come allacciarsi le scarpe; non sempre riesce ad esprimere a parole i propri pensieri. Gli indicatori che possono costituire un campanello d’allarme per genitori e insegnanti sono diversi e variano per fascia di età. La loro presenza non costituisce elemento per una diagnosi certa (che deve esser fatta dallo specialista), pur dando indicazioni importantissime. Bisogna fare attenzione anche al rifiuto del bambino per la scuola che, invertendo i fattori, potrebbe essere interpretato come la causa di un basso rendimento, anziché una conseguenza del suo malessere. Questa situazione può manifestarsi e protrarsi anche nella scuola secondaria, dove al ragazzo risulta difficile prendere appunti su ciò che gli viene comunicato a voce, copiare ciò che viene scritto alla lavagna oppure organizzarsi nelle sue attività quotidiane, anche extra-scolastiche.

Foto di Siora Photography

Tutto ciò può indurre una bassa autostima e la perdita di fiducia in se stessi, il che rappresenta uno dei motivi per cui i DSA sono a volte associati anche a disturbi del comportamento e dell’umore. I genitori devono affiancare i loro figli nel percorso riabilitativo in collaborazione con lo specialista, interfacciandosi costantemente con gli insegnanti e ricordando sempre che non c’è alcun deficit intellettivo, anzi, spesso i bimbi con DSA sono in possesso di capacità perfino al di sopra della norma. Risultano, non di rado, essere dotati di maggior perspicacia nell’analizzare ed elaborare ciò che accade intorno a loro; hanno una visione globale degli eventi che gli consente di sviluppare idee, soluzioni e previsioni, utilizzando diverse vie di ragionamento; apprendono più facilmente dalle esperienze fatte; hanno un’immaginazione fervida, sono curiosi e dotati di grande intuito.

Foto di Road Trip with Raj

Dinnanzi al sospetto di dislessia, genitori ed insegnanti, devono attivarsi per permettere una valutazione diagnostica, che deve essere sempre fatta da specialisti esperti secondo un iter ben delineato. Per questo è bene rivolgersi alle strutture sanitarie di competenza o a centri privati riconosciuti, oltre a contattare le sezioni locali AID (Associazione Italiana Dislessia). Una diagnosi certa può essere fatta solo alla fine della seconda elementare (per la discalculìa alla fine della terza), ma accertare il sospetto di un DSA anche in età precoce, consente di mettere in atto degli accorgimenti di prevenzione gettando le fondamenta per un intervento più efficace. Il neuropsichiatra infantile, lo psicologo e la logopedista sono le figure professionali di riferimento deputate a svolgere opera di diagnosi e riabilitazione. Elemento fondamentale di questo percorso è la collaborazione, con il giusto rispetto dei ruoli, fra tali figure, la famiglia e gli insegnanti. Per formulare una diagnosi corretta è necessaria una accurata anamnesi, attraverso la quale si può escludere l’eventuale inadeguatezza delle condizioni socio-culturali della famiglia e accertare il normale quadro neurologico e sensoriale del soggetto. La diagnosi, comunicata in termini appropriati a seconda dell’età, rappresenta spesso un sollievo per il bambino o il ragazzo, che finalmente riesce a identificare l’origine delle sue difficoltà e sente di essere compreso e di capire cosa sta accadendo. Il DSA è un disturbo cronico, che necessita di controlli nel tempo perché suscettibile di mutazioni essendo in continua evoluzione, ma la terapia riabilitativa risulta efficace e risolutiva, attivando meccanismi di compensazione ormai noti.

Cosa fare dopo la diagnosi? A breve parleremo anche di questo…

Nel frattempo inseriamo il link di una bellissima canzone di Lorenzo Baglioni, proprio sulla dislessia: https://www.youtube.com/watch?v=Q2Ex3ibjUEk

Ringraziamo per la collaborazione Clara Bravetti, Presidente AID sezione provinciale di Macerata e Cristiana Amico, logopedista AV3 Marche

Foto in copertina di Ben White on Unsplash

by SACANDRO

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. Ingrid Livraghi ha detto:

    I genitori molto spesso si sentono disorientati e din colpa dinanzi al sospetto di possibile diagnosi di DSA, è molto utile parlarne e condividere anche sul web informazioni. Grazieeee

    Piace a 1 persona

  2. Maria Francesca Marangolo ha detto:

    Quello che molti non sanno, o ignorano, ahimé anche a scuola, è che quando si avvertono alcuni segnali d’allarme, il primo passo che deve fare la famiglia, ma anche la scuola, è quello di rivolgersi ad un pedagogista.
    Il pedagogista è colui che ascolta, osserva e valuta, non solo le abilità specifiche del bambino, ma anche i contesti e gli ambienti educativi: non solo familiare, scolastico e sociale. Uno sguardo globale, quello del pedagogista, che in molti casi porta a programmare un intervento sistemico che spesso può risultare risolutivo, in quanto non tutte le difficoltà nell’apprendimento sono sintomi di un vero e proprio disturbo su base neurobiologica, ma molte volte sono il risultato di una ghiera multifattoriale esterna al bambino ed interna ai vari contesti. Questo non significa che famiglia o scuola non stanno assolvendo i loro oneri educativi, ma solo che forse, ad un’attenta analisi pedagogica, sta loro sfuggendo qualcosa, e di questo nessuno può e deve esserne additato come colpevole. Il pedagogista è anche colui che, dopo aver valutato bene la specifica situazione, saprà consigliare se è necessario un’eventuale percorso diagnostico e terapeutico (psicologico, logopedico o di psicomotricità) e pertanto consiglierà la famiglia di rivolgersi agli enti preposti per la diagnosi. Con tali enti, infatti, ma anche con la scuola, il pedagogista collabora nell’individuazione di un personalizzato percorso di potenziamento, necessario sia in caso di DSA che nei casi di difficoltà non diagnosticabili.
    Purtroppo spesso gli insegnanti si rifiutano di collaborare con i pedagogisti se non si è prima provveduto ad una diagnosi, così si perde molto tempo (lunghissime liste di attesa) e questo comporta un consolidamento delle difficoltà. Ma la legge 170 sui DSA chiede alla scuola di intervenire ad individuare percorsi personalizzati di recupero e potenziamento, prima ancora di una possibile diagnosi, e cioè quando si avvertono difficoltà che possono considerarsi campanelli d’allarme, e che, come tali, meritano considerazione.
    Quindi, insegnanti e genitori, consultate il pedagogista, che con la sua consulenza saprà guidarvi ed accompagnarvi verso il giusto percorso da intraprendere, e il vostro piccolo scolaretto vi ringrazierà.
    Dott.ssa Maria Francesca Marangolo
    Pedagogista – Matelica
    Fb PEDAGOGIASCUOLAFAMIGLIA

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