Ricevere una diagnosi di qualsiasi forma e grado genera in noi sconforto, paura. Ora immaginate che a ricevere la diagnosi sia vostro figlio di 4 anni, una diagnosi rara, di quelle ad orologeria, dove non sai se contare i giorni in più o al contrario i giorni in meno.
SHOCK, è l’unica parola che conosci in quel momento, poi la mente comincia a partorire domande alle quali non sai rispondere, generando ansia e altra paura. Decidi di congelare questi pensieri e dedicarti ad una domanda alla volta.
Si… ma nel frattempo…. “TU COME STAI?!” Te lo chiedi ogni tanto?! NO!!!
Continuiamo….
La prima domanda alla quale cerchi di rispondere è: “COSA POSSO FARE IO?”…. “LOTTARE”
“IN CHE MODO?”…. “SUPPORTANDO MIO FIGLIO”
“COME?”… “LAVORANDO OGNI GIORNO AL SUO FIANCO per traghettarlo lentamente, con calma serafica, verso una realtà diversa, al momento oscura e ignota”.
Così ogni giorno e arriva la routine: SVEGLIA… TERAPIA… SCUOLA… FISIOTERAPIA/ATTIVITA’ FISICA… CASA… CENA… TERAPIA… STRETCHING… NANNA!
Così il giorno dopo e tutti i giorni a seguire. A tutto questo aggiungi un lavoro su turno, dove se sei fortunato hai smontato dalla notte e se tutto fila liscio, verso le 10:00 ci scappa un’oretta di pisolino; un marito con un contratto a chiamata a 40 Km di distanza; che l’attore protagonista in tutta questa storia è un bambino di 4 anni, che seppur con l’argento vivo addosso, viaggia spesso su binari ad alta velocità.
In ospedale ti dicono che non siete soli, ci sono associazioni che supportano le famiglie e poi ci sono i benefici di legge, che lo STATO TI RICONOSCE proprio per sostenere tuo figlio… Ed è lì che cominci a pensare “POSSO FARCELA”, puoi tirare un sospiro di sollievo e rallentare un po’, puoi dedicare il giusto tempo alle cose senza rinunciare alla tua condizione di mamma, donna, lavoratrice e al di là di tutto sentirti realizzata ed evitare quanto meno di cadere nell’oblio.
Ma non sai, o quantomeno non immagini, in cosa ti stai imbattendo.
To be continued…
#unamammaduchenne
