Castelletta, povera e ribelle. S’è sempre detto e scritto che il “modello Merloni” prese il via dalle campagne, dalle frazioni rurali di Fabriano. Ed è storicamente vero, com’è storicamente vero che dal 1951 la Dc dei Merloni governa la città, eccezion fatta per quei tre anni (dal 1995 al 1998) del repubblicano Giancarlo Castagnari sindaco. Ma è anche storicamente vero che non tutte le frazioni rurali di Fabriano erano ascrivibili alla cultura politica, alla cultura sociale dell’operaio-contadino “merloniano”. Castelletta, ad esempio. Un episodio di cui s’è sempre trattato poco è la cosiddetta “marcia della fame”, ossia lo sciopero generale del 9 febbraio 1949. Si trattò di una grande lotta, che principiò da una frazione montana e che coinvolse quasi tutta la comunità fabrianese. Principali protagonisti ne furono gli abitanti di Castelletta, una delle frazioni fabrianesi più povere e più distanti dal centro cittadino.
La motivazione. Per alleviare la disoccupazione e per allacciare la frazione montana ad un paese di fondo valle era stata decisa la costruzione di una strada da Castelletta a Serra San Quirico. I lavori erano iniziati nel 1945 e la giunta provvisoria fabrianese aveva anticipato 15.000.000 di lire. Della costruzione della strada se ne fece poi carico l’ufficio del Genio Civile di Ancona, che, però, la sospese per l’esiguità dei fondi. Gli abitanti della frazione montana, spinti dalla miseria e dalla coscienza conflittuale che li caratterizzava, si decisero a lottare contro il provvedimento che lasciava irrisolti i propri problemi. L’amministrazione comunale, nella persona di Vito Nicoletti, assessore comunista ai lavori pubblici ed allo stesso tempo segretario della camera del lavoro, diede il pieno appoggio alle rivendicazioni dei castellettani. I quali sentivano l’esigenza di sensibilizzare ed ottenere un largo consenso che si estendesse al di là del capoluogo montano.
Popolazione in lotta. Da qui nacque l’idea della “marcia della fame”. I manifestanti partirono da Fabriano e marciarono quasi sempre a piedi verso Ancona: le loro file si ingrossarono notevolmente lungo la via e lo sciopero di solidarietà fu generale in tutto il territorio della provincia. Arrivarono in tanti nel capoluogo regionale e si accamparono a piazza Roma. Questo scrisse Vito Nicoletti, ricordando quell’epica lotta: “per il ristoro gli anconetani ci organizzarono una mensa; compagni e partigiani ci fornirono tutto il necessario. Ad un certo momento, però, noi subimmo una provocazione: da un palazzo in costruzione dietro a noi vennero giù due o tre mattoni. Noi giudicammo responsabili dell’azione, provocatoria e fascista, i poliziotti. Da questo fatto nacque un parapiglia. La polizia fece la carica, ci furono dei feriti. Questo provocò la nostra ritirata”.
Lo scopo raggiunto. Nonostante la dura opposizione delle forze dell’ordine e nonostante l’ovvia contrarietà della Dc, lo scopo della marcia fu raggiunto: l’opinione pubblica provinciale prese coscienza della situazione di Castelletta e si schierò a favore delle lotte dei suoi abitanti. Essi ottennero dei fondi per continuare i lavori della strada, i quali, però, si sarebbero poi rivelati insufficienti. Due anni dopo, nel 1951, Aristide Merloni venne eletto sindaco di Fabriano……..
La fonte principale per la ricostruzione della storia di Fabriano di quegli anni, del secondo dopoguerra e del “modello Merloni” è il libro di Stefano Gatti, Società politica e impresa a Fabriano 1943-1957, Humana Editrice, Ancona, 1995.
By STEFANO “VONTE” GATTI
