L’assalto al treno tedesco fermo nella stazione di Albacina ad opera dei partigiani dei gruppi Lupo (di Fabriano) e Piero (di Serra San Quirico), è l’azione militare più complessa e densa di sviluppi della Resistenza locale (per questa azione militare il gonfalone del comune di Fabriano è stato insignito della medaglia di bronzo). Dell’assalto al treno si parla in molti testi di storia della Resistenza in Italia: è una delle gesta epiche, dei successi più eclatanti, messi a segno dai partigiani a livello nazionale.
Preludio all’assalto. La versione dei fatti più attendibile, e mai smentita da nessuno, è quella fornita dal partigiano Renzo Franca (gruppo Lupo) nel 1955. «L’azione militare di Albacina viene decisa dai partigiani, in accordo con il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), dopo che il convoglio tedesco si è fermato nella stazione di Albacina, negli ultimissimi giorni di gennaio. Esso trasporta 720 giovani emiliani della bassa padana destinati al fronte tedesco meridionale di Pescara, costituitosi in seguito allo sbarco alleato di Anzio del 22 gennaio. A sera i tedeschi e i fascisti della scorta, come è loro costume, si abbandonano a violenze, rapine, saccheggi, ai danni della pacifica popolazione locale, che, pur sapendo come difendersi, ci fa sapere di aver bisogno di aiuto per porre fine a quella situazione. Viene immediatamente convocata una riunione a cui partecipano un esponente del CLN, il comandante Bartolo Chiorri del gruppo Lupo e il comandante Piero Boccacci del gruppo Piero. Strategicamente si decide in primo luogo la distruzione della sottostazione di Genga, per interrompere il passaggio della corrente elettrica nel tratto ferroviario Ancona-Roma. L’azione è affidata a circa 15-20 uomini, appartenenti ai due gruppi e questo è il nostro battesimo di fuoco». Enzo Bellucci, Renzo Franca e Sergio Stimilli raccontano che l’incarico di posizionare e far saltare l’esplosivo a Genga viene dato agli uomini più audaci del gruppo Lupo, come il tedesco Willy e Rolando Palombi. L’azione alla sottostazione di Genga avviene il 31 gennaio 1944. Ritornato a Poggio San Romualdo, fatto il rapporto ai comandanti Boccacci e Chiorri, dopo un breve riposo, la sera del 1° febbraio il piccolo drappello di partigiani si riunisce al resto dei due gruppi, 48 uomini in tutto, 28 dei quali del gruppo Lupo, per dirigersi verso la stazione di Albacina.
Il coraggioso attacco alla stazione di Abacina. I nazifascisti istituiscono due posti di blocco lungo le vie d’accesso che conducono ad Ancona e a Macerata. I 48 partigiani aggirano le sentinelle e, costeggiando il fiume, si dispongono dalla parte opposta della SS76, in posizione frontale rispetto al treno. Un altro gruppetto, guidato da Eraldo Bartocci, si dispone invece dietro il convoglio. Malgrado l’infelice posizione strategica, perché allo scoperto, alcuni cercano lo stesso di avanzare carponi per sorprendere la scorta, ma invano, poiché di lì a poco inizia una sparatoria di circa dieci minuti. Due esperti operai delle cave di Serra San Quirico (uno dei quali è Peppe de Roma) si avvicinano alla coda del treno e riescono a lanciare candelotti di dinamite, centrando l’obiettivo: «è uno spettacolo avvincente e terrificante. Le esplosioni sono tremende, i fili dell’alta tensione, schiantati, provocano altre fiammate, il panico si impadronisce del nemico provocando un fuggi fuggi generale. È un momento, e al grido di “Brigata Garibaldi avanti!” andiamo all’attacco. In pochi momenti siamo sul treno. Dei componenti della scorta nazifascista, quelli che non sono morti, fuggono. I giovani ci accolgono festosamente, abbracciandoci. È l’alba del 2 febbraio quando riprendiamo la marcia verso la Porcarella (Poggio San Romualdo)».
Anime della Resistenza. Negli scontri muoiono due partigiani: Ercole Ferranti e Attilio Roselli, martiri della Resistenza fabrianese. Invece i prigionieri liberati, dapprima si rifugiano sulle montagne circostanti, particolarmente sul San Vicino e a Poggio San Romualdo, dove il parroco don Rosilio Salari apre le porte della parrocchia, e poi prendono la via del ritorno verso le proprie case.
La fonte principale per la ricostruzione della storia della Resistenza a Fabriano è il prezioso libro di Terenzio Baldoni, “La Resistenza nel Fabrianese”, il lavoro editoriale, Ancona 2002 (https://lavoroeditoriale.com/prodotto/la-resistenza-nel-fabrianese/).
Foto di Martin Winkler da Pixabay
By STEFANO “VONTE” GATTI
