CHE FINE HA FATTO IL GRANO UCRAINO

Qualche giorno fa la Federazione Russa ha deciso di bloccare (o per meglio dire non rinnovare) l’accordo per l’esportazione di grano e cereali dall’Ucraina attraverso il Mar Nero grazie ai corridoi umanitari. L’accordo era stato sancito dopo la mediazione di Nazioni Unite e Turchia, il 22 luglio dell’anno scorso. L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno reagito con dichiarazioni durissime nei confronti della Russia, accusandola di minare la sicurezza alimentare globale e di affamare i Paesi più poveri. Da parte sua, la Russia ha motivato la scelta affermando che alcuni punti del patto non sono stati rispettati dalla controparte: il grano non ha raggiunto affatto i Paesi più poveri, ma quelli più sviluppati, a vantaggio delle grandi multinazionali (delle nazioni sanzionatrici della Russia stessa) e non dei popoli più deboli. Insomma, chi ci capisce è bravo! Noi bravi non siamo, ma abbiamo cercato comunque di capirci qualcosa. Per farlo abbiamo utilizzato la pagina web dell’Unione Europea dove viene fornita la spiegazione delle esportazioni ucraine di cereali con tanto di infografiche. I dati pubblicati, aggiornati al 16 maggio scorso, riferiscono che oltre 30 milioni di tonnellate di cereali e altri prodotti alimentari sono stati esportati grazie all’iniziativa e che il 64% del grano ha raggiunto i Paesi in via di sviluppo. Inoltre, 625.000 tonnellate di grano hanno lasciato i porti ucraini in direzione di Etiopia, Yemen, Afghanistan, Sudan, Somalia, Kenya e Gibuti. Per quanto riguarda il granturco, almeno metà è stato portato nei Paesi in via di sviluppo. Inutile dire che abbiamo tirato un sospiro di sollievo, tuttavia quella definizione “paesi in via di sviluppo” ci ha lasciato qualche perplessità. Perplessità che sono aumentate nel leggere le dichiarazioni della Oxfam Italia. La Oxfam è una organizzazione operante in 86 Paesi che da circa 70 anni si occupa di crisi umanitarie nel mondo. Secondo la Oxfam Italia l’80% dell’export di grano ucraino passato attraverso il mar Nero se lo sono accaparrato i Paesi più ricchi, mentre a quelli più poveri e a un passo dalla carestia ne è arrivato appena il 3%. Abbiamo così deciso di rompere ogni indugio e di prendere come riferimento i dati, direttamente dal centro di coordinamento congiunto dell’iniziativa per i cereali del Mar Nero, pubblicati dalle Nazioni Unite. Purtroppo non abbiamo le autorizzazioni necessarie per poter riprodurre le tabelle e i grafici presenti, ma vi lasciamo il link con il quale potete accedere a tutto il materiale: da quali porti sono salpate le navi, il loro contenuto, i loro nomi e le destinazioni. I prodotti alimentari sono stati esportati da tre porti ucraini del Mar Nero verso 45 paesi in tre continenti, ma le quantità di materiale alimentare non sembrano essere state divise molto equamente. Ai Paesi dell’Africa Sud Sahariana è arrivato solo il 2,65% del totale. Non sappiamo se l’Unione Europea consideri la Cina uno dei paesi in via di sviluppo, ma è proprio in Cina che è approdata una quantità enorme di grano e cereali, a seguire ci sono la Spagna, la Turchia, l’Italia e l’Olanda, poi tutti gli altri Stati con quantità sempre minori. Altro elemento importante è che, secondo il centro di coordinamento, il carico delle navi può essere elaborato e riesportato dalla destinazione principale. In pratica, nei Paesi riceventi, soggetti terzi possono eleborare e riesportare grano e cereali, ma ci pare ovvio che riesportare voglia dire rivendere. Se è così chi ci guadagna veramente? Vi lasciamo con questa domanda, ma con la promessa di tornare sull’argomento.

Link del Centro di Coordinamento dell’iniziativa del Mar Nero, Nazioni Unite: https://www.un.org/en/black-sea-grain-initiative

Foto di Diana Vyshniakova su Unsplash

By SACANDRO

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